Artrosi dell’anca, le opzioni chirurgiche

Chi soffre di artrosi dell’anca probabilmente sa bene che, almeno nelle prime fasi della patologia, è possibile trattare i sintomi con farmaci, attività fisica, fisioterapia. Ma quando i trattamenti non chirurgici per l’artrosi dell’anca falliscono, l’ortopedico potrebbe prendere in considerazione un intervento chirurgico.

Come per altre regioni anatomiche, esistono diverse opzioni chirurgiche valide per il trattamento dell’artrosi dell’anca. Vediamole.

Artroscopia

L’artroscopia dell’anca è di solito una procedura mini invasiva, volta a riparare la cartilagine lesa e/o a rimuovere l’osso in eccesso nei casi di conflitto femoro-acetabolare. La procedura si esegue in sala operatoria in anestesia spinale con sedazione. Il paziente viene posizionato su un lettino apposito che consente di esercitare una delicata trazione sull’arto inferiore, in modo da poter accedere all’interno dell’articolazione. Il chirurgo utilizza piccole incisioni intorno all’anca per consentire l’inserimento di strumenti appositi e di una piccola videocamera chiamata artroscopio, da qui il nome dell’intervento. Di norma, questo intervento è praticato nei pazienti di età inferiore ai 40 anni.

Osteotomia

L’intervento chirurgico definito osteotomia femorale e/o acetabolare prevede l’esecuzione di tagli dell’osso (in termine tecnico osteotomie) per poter ri-orientare correttamente un’articolazione affetta da anomalie strutturali. È un intervento chirurgico esteso che richiede l’inserimento di placche e viti per fissare l’osso durante il processo di guarigione. Richiede il ricovero ospedaliero per diversi giorni e il recupero di solito dura dalle sei alle dodici settimane.

Protesi di Rivestimento dell’anca

La protesi di rivestimento dell’anca (in inglese “resurfacing”) è un tipo di sostituzione dell’anca che di solito viene praticato ai pazienti maschi, giovani e particolarmente attivi. Concettualmente è del tutto analoga alla normale protesi d’anca, tuttavia la sua forma la rende l’opzione meno invasiva possibile. Tra i vantaggi, oltre all’estremo risparmio osseo, abbiamo una grande stabilità data dalla sua geometria: essa infatti permette l’utilizzo di teste di grande diametro.

Non si può impiantare in tutti i tipi di artrosi, ad esempio consente di correggere la lunghezza entro limiti ristretti. Inoltre è un dispositivo in cui l’interfaccia tra femore e bacino è di tipo “metallo su metallo”: questo tipo di accoppiamento in passato ha dato problemi di “metallosi”, ovvero una condizione di infiammazione cronica legata ai detriti metallici provocati dall’usura dell’impianto. Anche se i problemi erano legati ad un particolare tipo di impianto oramai tolto dal commercio, tuttavia gli impianti moderni hanno ereditato la generale diffidenza dal parte del mondo ortopedico, e pertanto hanno lasciato spazio ad altri tipi di impianti.

Negli ultimi anni si assiste ad un graduale ritorno di interesse per questa soluzione, in considerazione degli ottimi risultati funzionali e della mini invasività.

Protesi totale dell’anca

La sostituzione totale dell’anca è ritenuto l’intervento migliore per il trattamento del dolore dell’anca artrosica e la conseguente disabilità che ne deriva. Circostanze che indicano la necessità di un intervento chirurgico di sostituzione totale dell’anca si verificano in soggetti di ogni età, sesso e livello di attività. Di norma, si tende a sottoporre un paziente all’intervento chirurgico non prima dei 60 anni di età, onde evitare un nuovo intervento chirurgico dovuto alla naturale usura della protesi che, mediamente, ha una durata di circa 15-20 anni.

L’intervento di sostituzione dell’anca totale può essere eseguito attraverso vari approcci (anteriore, posteriore, laterale) con vari design di impianti adatti alle varie morfologie ed esigenze di trattamento. Attualmente i materiali più utilizzati sono il titanio, il titanio rivestito da idrossiapatite, il tantalio, la ceramica ed il polietilene ad altissimo peso molecolare, eventualmente addizionato alla vitamina E. È un intervento chirurgico di routine che richiede un ricovero ospedaliero di circa 2-5 giorni e il recupero richiede solitamente da sei a dodici settimane.