Dolore all’anca: capire il problema per risolverlo

Talvolta può capitare di accusare un dolore all'anca: capirne le cause è il primo fondamentale passo per curarlo adeguatamente

Dolore all’anca: capita a volte di accusare dolore in questa zona anatomica. È importante, in questi casi, riuscire a capirne la causa per poterlo curare adeguatamente.

Perché si prova dolore all’anca?

Nel caso in cui il dolore all’anca si manifesti in maniera persistente, è possibile che sia in corso una degenerazione della cartilagine dell’articolazione definita coxo-femorale, quella cioè che regola il movimento del femore nell’acetabolo, che è la cavità del bacino deputata ad accogliere la testa del femore.

La cartilagine che riveste i capi ossei svolge una funzione di “cuscinetto” che agevola lo scorrimento senza attriti delle ossa. Quando la cartilagine si deteriora e si infiamma si parla di artrosi d’anca.

Come riconoscere l’artrosi dell’anca? E quali le cause?

Il sintomo più comune dell’artrosi dell’anca consiste in un dolore diffuso a livello dell’inguine che, a causa di una conseguente alterazione del passo si può ripercuotere al ginocchio ed alla zona lombare.

Questa patologia in Italia interessa un numero elevato di persone, al punto che si contano circa 120mila interventi l’anno. Tipicamente colpisce i soggetti sopra i 65 anni di età, tuttavia altri fattori possono determinare o aggravare il quadro, tra cui i più importanti sono: sovrappeso, familiarità, malattie reumatiche, esiti di fratture, esiti di displasia.

Come si diagnostica l’artrosi dell’anca?

Una corretta diagnosi di artrosi d’anca deriva in primis da una valutazione clinica sul tipo e la durata dei sintomi, sull’esecuzione di specifici test clinici e sull’analisi del passo. Il passo successivo e fondamentale è rappresentato  da un esame radiologico richiesto dallo Specialista in funzione dei sintomi lamentati dal paziente.

Grazie all’RX, è possibile evidenziare i quattro segni dell’artrosi:

  • riduzione della rima articolare;
  • presenza di osteofiti;
  • sclerosi dell’osso subcondrale;
  • presenza di cavità geodiche nell’osso, nonché eventuali deformità congenite o acquisite oppure segni di necrosi da infarto osseo.

Protesi d’anca: quando è necessaria?

Quando il paziente artrosico lamenta forte dolore connesso ad una ridotta mobilità può essere necessario ricorrere alla protesi per ripristinare la funzionalità dell’articolazione e migliorare la qualità di vita del paziente.  

Tuttavia non tutti i pazienti con dolore all’anca sono destinati all’impianto di una protesi, e comunque non tutti nelle stesse tempistiche. La scelta del momento giusto per l’intervento di protesi è connessa al grado di usura della cartilagine e al danneggiamento dell’osso sottostante che ne consegue.

Quanto “dura” una protesi d’anca?

La protesi d’anca è costituita da materiali, che seppur evoluti sono per definizione soggetti ad usura. La durata dell’impianto dipende da una serie di fattori.

In primo luogo dal rispetto delle indicazioni dello specialista rispetto all’uso dell’articolazione subito dopo l’intervento. Ci sono poi altri fattori che possono fare la differenza, quali la qualità dell’osso, il peso corporeo, il livello di attività, l’età del paziente nonché la tipologia dei materiali utilizzati.

Le più recenti statistiche dicono che nel 98% dei casi una protesi d’anca è ancora stabilmente impiantata e funzionalmente integra a dieci anni dopo l’intervento. La percentuale passa al 90% a vent’anni dall’impianto e continua il suo naturale decremento nei decenni a seguire.

È essenziale comunque, per un paziente che ha subito un intervento protesico, sottoporsi con regolarità ai controlli periodici previsti dallo specialista poiché la protesi non ha terminazioni nervose, il che impedisce al paziente di capire se e come si sta usurando.

Se identificata per tempo una usura dell’inserto in polietilene consente di essere trattata semplicemente sostituendolo, con un intervento di minima entità e degenza che non intatta l’osso. In casi di usura più avanzata può essere necessario sostituire l’impianto con uno nuovo.

Qual è il vantaggio della protesi d’anca?

L’idea di una protesi spesso spaventa il paziente. Non è necessario: basti pensare che dopo l’intervento protesico il dolore scompare quasi del tutto e si riconquista la mobilità perduta.

In caso di collasso della testa femorale con accorciamento dell’arto è possibile riguadagnare la normale lunghezza rendendolo pari all’altro. Inoltre, le moderne tecniche chirurgiche mininvasive e di risparmio di tutti i tessuti, hanno reso il trattamento dell’artrosi dell’anca di minor impatto per il paziente rispetto al passato.

Infiltrazioni di acido ialuronico, un’alternativa possibile

In alcuni casi, per esempio nei pazienti giovani o quando la compromissione ossea e cartilaginea dell’articolazione non sono ancora avanzati, è possibile ricorrere a terapie conservative, quali le infiltrazioni di acido ialuronico, che esercitano una duplice funzione sull’articolazione.

La prima funzione è quella biologica di contrasto dell’infiammazione dell’ambiente articolare attraverso l’interazione con recettori specifici; la seconda è quella meccanica per cui, essendo l’acido ialuronico una sostanza visco-elastica, agisce semplicemente come un lubrificante che riduce lo stress meccanico dell’articolazione.

La sua esecuzione non è dolorosa e garantisce  l’attenuazione del dolore all’anca oltre al miglioramento della mobilità articolare.