Trattamento chirurgico della displasia dell’anca

La parola displasia deriva dal greco e nel nostro ambito vuol dire “mal formata”. Nel caso dell’anca significa che la geometria delle ossa non rispetta i parametri di normalità e pertanto l’articolazione lavora male.

La parola displasia deriva dal greco e nel nostro ambito vuol dire “mal formata”. Nel caso dell’anca significa che la geometria delle ossa non rispetta i parametri di normalità e pertanto l’articolazione lavora male. Descritta già nel 300 a.C. dal medico greco Ippocrate, la displasia dell’anca è una patologia congenita, ovvero si manifesta già alla nascita con vari gradi di gravità.

Caratteristiche della displasia dell’anca

L’articolazione dell’anca è composta dalla testa del femore, dalla cavità acetabolare del bacino, dal labbro cartilagineo dell’acetabolo e dalla capsula articolare

Acetabolo

Nella displasia si presenta meno profondo e con un tetto più sfuggente. È meno in grado di accogliere la testa femorale. Può presentarsi eccessivamente antiverso (guarda in avanti) oppure neutro se non addirittura retroverso (guarda in dietro). Nei casi più gravi non è più abitato dal femore che è andato a posizionarsi più in alto e si articola direttamente con l’ala iliaca: si parla in questo caso di paleocotile per il cotile “naturale” e di neocotile per l’area su cui la testa femorale è andata a posizionarsi.

Femore

L’angolo cervico diafisario è maggiore quindi l’anca perde stabilità poiché quando il femore si avvicina al bacino i muscoli stabilizzatori perdono tensione. Inoltre l’angolo di versione della testa appare alterato: di solitò è aumentato (la testa guarda troppo avanti) ma può anche essere neutro oppure addirittura retroverso (la testa guarda indietro).

Labbro acetabolare e capsula articolare

Questi tessuti molli sono molto stirati a causa dell’alterata geometria. C’è un tentativo della natura di sopperire alla scarsa congruenza ossea con una capsula più spessa, tuttavia è un compenso insufficiente e questo tipo di articolazioni risultano comunque lasse ed instabili

Le cause della displasia dell’anca

La causa della malattia è sconosciuta in molti casi. I fattori che contribuiscono includono bassi livelli di liquido amniotico nell’utero, presentazione podalica. Anche la posizione all’interno dell’utero può costituire una causa o – quantomeno – una concausa.
Tra gli altri fattori di rischio ci sono poi, come visto, la storia familiare ma anche alcune pratiche di fasciatura e la nascita podalica. In caso di parti gemellari, se un gemello omozigote è interessato, c’è un rischio del 40% che lo sarà anche l’altro.

L’ecografia normalmente è l’indagine strumentale più utile nella diagnosi.

Quali sono i sintomi della displasia dell’anca nell’adulto?

Dipendono dal grado della displasia e possono derivare dalle seguenti cause.

  • Zoppia di Trendelemburg, data da una insufficienza di forza della muscolatura glutea. Il paziente compensa durante la fase mono podalica del passo facendo ondulare il tronco dal lato opposto per bilanciare il peso. Un’andatura che rassomiglia a quella delle oche, pertanto denominata classicamente dal latino andatura anserina.
  • Deambulazione con il piede ruotato verso il dentro. È una naturale conseguenza dell’anormale forma del femore e del bacino. Per centrare la testa del femore nell’articolazione nella maggior parte dei casi è necessario intra ruotare l’arto.
  • Alterazioni nell’inclinazione del bacino e nello schema del passo.

Come si diagnostica la displasia dell’anca nell’adulto?

L’esame clinico del passo è di solito sufficiente a porre diagnosi in un paziente afferito in studio per dolore all’anca. Per la conferma è necessario eseguire delle radiografie in carico in proiezione antero posteriore più delle proiezioni assiali

Come si trattata la displasia dell’anca nell’adulto?

La displasia dell’anca provoca una concentrazione di carichi in una ridotta porzione di osso, pertanto alla lunga si genererà un consumo e quindi un’artrosi.
Il trattamento varia in base all’entità della sintomatologia ed allo stadio di consumo accertato con le radiografie. Nelle fasi iniziali riposo, antiinfiammatori, fisioterapia per stretching, eventualmente TECAR.

Nelle fasi conclamate o con severa limitazione della funzionalità bisogna ripristinare la biomeccanica dell’articolazione mediante un intervento di chirurgia protesica.
Esistono protesi appositamente sviluppate per il trattamento di questa condizione, che sono in grado di adattarsi alla morfologia alterata sia del femore che del bacino. Eseguita da chirurghi dedicati la protesi d’anca è uno strumento formidabile, in grado di eliminare il dolore e far guadagnare un’andatura il più corretta possibile.